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martedì 20 settembre 2011

Storia della mia gente

Ed. Bompiani, 2010
Vincitore del Premio Strega 2011, questo libro racconta dell'illusione perduta del sistema economico italiano, sotto forma di autobiografia.
La storia dell'autore è infatti esempio di molti aspetti di questa realtà: parallelamente allo sviluppo della sua carriera di scrittore, Edoardo Nesi porta avanti l'attività dell'azienda tessile fondata dal nonno con il fratello, e passata nelle mani dei nipoti fino alla sua chiusura per fallimento.
L'autore parte dalla fondazione dell'azienda, descrivendone gli inizi e i momenti di massimo fuglore, in cui i tessuti pregiati prodotti dai Nesi venivano esportati in tutta Europa. Erano momenti in cui l'economia italiana, ancora basata sulla produzione di piccole aziende a gestione familiare, offriva un lavoro poco redditizio a livello di quantità, ma con merce di qualità impareggibile, un vanto per i produttori e per l'economia italiana stessa.

Ma i tempi cambiano, e il Lanificio T.O. Nesi & Figli S.p.a passa da essere centro e orgoglio dell'attività tessile pratese, a dover essere venduto a chi lo trasformerà in una grande industria, in cui la materia prima utilizzata sarà materiale di scarsa qualità, importato da chissà quale paese e lavorato da una manodopera straniera sottopagata, per essere poi venduto nel mondo globalizzato del libero mercato, in cui il prezzo minore per la maggiore quantità di prodotto è ciò che paga.

Edoardo Nesi tenta di descrivere queste realtà, il veloce cambiamento che è avvenuto sotto i suoi occhi, nel corso della sua vita. L'idea di fondo è quella di un ricordo nostalgico del genuino mondo della piccola imprenditoria locale, andato perduto a causa dell'irruento sviluppo del libero mercato. Decide di raccontarlo in forma autobiografica, accompagnando la storia dell'azienda di famiglia e del suo operato in essa, con immagini tratte dalla sua vita di tutti i giorni, esperienze, sensazioni, luoghi comuni, sogni e speculazioni. Le immagini visive e vissute sono spesso accompagnate da descrizioni di film, musiche e mode che segnano il contorno culturale in cui la vicenda prende forma e si conclude.

L'idea sarebbe interessante, soprattutto in un momento italiano in cui le conseguenze di quanto avvenuto in ambito economico si fanno sentire. Ma l'autore dopo i primi capitoli si perde in una serie di rimuginazioni senza filo logico, alternando la storia principale con eventi che sembrano del tutto scollegati da essa, il tutto senza mantenere neppure un apparente ordine cronologico.
Lo stile di scrittura vuole essere semplice ed immediato, con un lessico colloquiale ed emotivo ed immagini che spesso sembrano costruite come inquadrature cinematografiche, ma risulta in certi tratti addirittura superficiale, se non inconcludente, composto da alcune belle immagini che vanno però purtroppo a perdersi nella fanghiglia e nel disordine del testo preso nella sua interezza.
È come se il libro fosse stato costruito tramite un collage di pagine di diario scritte nel corso della vita dell'autore: belle pagine di per sé, ma unite tra loro in modo disorganizzato, facendole apparire come una accozzaglia di idee senza filo logico, e facendone così perdere il carattere più pregnante, e cioè una piccola parte di storia del popolo italiano vessato e depresso, senza una via d'uscita all'orizzonte.
Consiglio particolare attenzione per il passaggio sulla caduta delle Torri Gemelle e sul capitolo intitolato L'incubo, un racconto nel racconto in cui si spiega come la depressione dovuta alla perdita del lavoro possa cambiare le persone in peggio, e trasformare l'Italia in un paese razzista ed insofferente.

Voto: 4.5

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