Rivista letteraria online

martedì 6 settembre 2011

Elizabeth Costello

2004, ed. Einaudi

Elizabeth, che pare avere l'arte di impicciarsi dei fatti altrui (Slow Man), ha in realtà una storia tutta sua: la storia di una scrittrice australiana che gira il mondo tenendo e ascoltando conferenze, dentro alle quali s'intravedono le tematiche più care a Coetzee.

L'autore sceglie di affidare questo romanzo ad una forma nuova e tutto sommato rischiosa per la sua trama, corrosa in vari punti da temi affrontati nella loro nudità, quali ad esempio il realismo in letteratura, il romanzo africano, il male. L'impostazione del romanzo quasi mette in dubbio la sua natura, che vacilla tra saggistica e narrativa : ciò che alla fine lo salva, fluidificando il corso stagnante della sua storia, è l'abilità originale con cui Coetzee afferra il nocciolo di ogni argomento, offrendoci uno sguardo sul rovescio di ogni tema affrontato.

Per chi ha fatto la bizzarra scelta di leggere Slow man prima di Elizabeth Costello, è possibile che il suddetto/a, avendo conosciuto prima l'Elizabeth meta-personaggio, si aspetti qualcosa di analogamente riuscito dall'Elizabeth protagonista.

In realtà non è così. Certo, in Slow Man, la Costello è invecchiata, ha perso i peli sulla lingua. Ma c'è dell'altro. Da guida testarda, tutt'altro che spirituale di Paul Rayment (Slow man) ci si trova di fronte ad una Elizabeth un po' più giovane e cosciente delle proprie debolezze, più realistica, forse, ma meno incarnata, incastrata com'è tra conferenze e riflessioni letterarie che le impediscono di svilupparsi come personaggio. Riflessioni di grande acutezza, non c'è che dire, ma che non sanno fare a meno di appellarsi a riferimenti letterari, classici o addirittura mitologici, anche quando Elizabeth vorrebbe parlare di sé. E in effetti le analisi di maggior efficacia intervengono quando la scrittrice si occupa dei “casi altrui”: i commenti spietati che la Costello destina all'ideologico romanziere sudafricano, e la tristezza acida per le rigidità moraleggianti della sorella saranno i caratteri dominanti della vecchietta di Slow Man.

Quando però si tratta di entrare in gioco in prima persona, la protagonista non riesce a liberarsi di quell'artificiosità che caratterizza le sue conferenze, di cui tra l'altro è perfettamente cosciente.

La letterarietà è forse una caratteristica inscritta in lei come personaggio e che la inibisce a trasformarsi in protagonista; è il destino che le ha riservato Coetzee, offrendole il dono di una sensibilità quasi preveggente sugli altri, ma non la capacità di trovare sé stessa.

Essa è più capace come Virgilio che come Dante, ma è capitata per sbaglio nel ruolo di protagonista. Farà il suo meglio per uscirne onorevolmente.

L'eccezione alla letterarietà è rappresentata dalla lettera rivolta alla sorella. Ancora una volta sarà una circostanza in cui Elizabeth esiste per l'altro che le permetterà di abbandonare gli orpelli classicheggianti e riporterà alla luce quella letargica nudità in cui ritroverà per un attimo se stessa. Senza liberarsi completamente del riferimento letterario,ma piegandolo alla verità della situazione.



Voto: 7

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