Rivista letteraria online

lunedì 26 settembre 2011

Così giovane, bello e coraggioso


2009, Fazi Editore

È il 1910 e sono passati oltre cinque anni dal romanzo d'esordio, scritto senza troppe pretese ma che aveva portato lo scrittore alla celebrità: cinque anni senza una buona idea. Il soggetto è Monte Becket, nel quale è facilmente rintracciabile la condizione di Leif Enger. Inizia così il suo secondo libro, ambientato nell'epoca in cui i sussulti di un morente Far West facevano brillare le loro vecchie stelle.


Così quando Monte Becket, intento nella stesura di “mille parole al giorno”, riceve dall'appena conosciuto Glendon Hale la proposta di partire con lui verso ovest, lascia la famiglia e la casa che ama per un viaggio al quale non sa cosa chiedere. Protagonista particolare, lo scrittore è più che altro un accompagnatore, un amico di personaggi più caratteristici e avventurosi di lui che lo vogliono come compagno di viaggio per ragioni a lui poco chiare.

Parte con l'ex fuorilegge, noto a suo tempo come Dobie Swift, per poi trovarsi ad accompagnare Charles Siringo, vecchio agente federale alla caccia del suo amico. Sopporta male il dolore fisico, ha paura dei cavalli e non riesce ad abituarsi alla morte che instancabile accompagna tutto il libro, eppure Becket riesce a trovare una nuova dimensione nella distanza da ciò che ama e nel percorso che, nonostante sia spesso forzato dagli altri nelle decisioni, si sceglie sempre. I due personaggi più leggendari, il cacciatore di taglie e il bandito, nonostante si rispecchino abbondantemente in Pat Garret e Billy the Kid, non sono statici, ma subiscono un processo rispettivamente di decadimento e di crescita, tratteggiati alla perfezione dalla penna di Enger.

Lo stile è fluente e ricco di particolari, cattura il lettore trasportandolo nei paesaggi Statunitensi dal Minnesota alla California in un romanzo di accesa spiritualità. Questa appare non soltanto in senso religioso: si percepisce l'atteggiamento essenzialmente statunitense dell'accettazione di ogni interpretazione personale e sincera del vangelo (anche si tratti solo di un feroce dubbio). La spiritualità va intesa soprattutto come il ricongiungimento dei protagonisti col proprio intimo essere attraverso il viaggio, la rielaborazione del passato e la proiezione verso una nuova vita.

Non all'altezza del suo primo capolavoro, Leif Enger conclude un secondo romanzo di qualità, mantenendo il suo stile fresco e leggibile, una passione per i dettagli caratterizzanti e la capacità di intrigare il lettore con il mito immortale del (seppur morente) Far West.

Voto 8

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