Rivista letteraria online

mercoledì 5 ottobre 2011

La traccia dell'angelo

Sellerio, 2011

Uno scrittore vittima di una diagnosi sbagliata vive un'esistenza dettata dal ritmo della dipendenza dai farmaci, che lo ossessionano imprigionando i suoi amori, la sua fantasia, il suo sonno. Le poche perle dell'ultimo lavoro di Benni sono presentate nella quarta di copertina, incuriosendo il lettore pronto a gustare un romanzo breve ma intenso. Purtroppo non va così.


Il protagonista dovrebbe essere una sorta di personaggio complesso, ma la sua dipendenza dalle medicine e dai medici è l'unico aspetto descritto abbastanza bene della sua personalità. Del suo amore per l'amata o per gli amici si ricavano solo tratti superficiali, inutili e che rallentano una narrazione spigliata. Lo stile di Benni e la sua buona abitudine di giocare con la lingua italiana si disperde nell'attribuzione stereotipata di nomi propri sostantivanti (come il Dottor Poiana, il medico avido e rapace) e in poche e memorabili descrizioni, come quella della moglie del dottore.
La narrazione vorrebbe svolgersi su due piani interconnessi, quello del drogato dai farmaci e quello degli angeli in rotta con Dio. Piani che vorrebbero sostanziarsi in una partecipazione di alcuni personaggi-angeli alla vicenda e nella denuncia della vergognosa mancanza di eticità dell'industria farmaceutica.

Il tentativo fallisce miseramente: il discorso politico si esaurisce in alcune sparate banali, neanche frutto della vicenda ma sentenziate da un narratore onniscente, pedante e scontato. Per quanto sia condivisibile l'indignazione nei confronti della terza industria mondiale che spende solo il 5-10% dei guadagni nella la ricerca (cercando di curare prevalentemente malattie banali e dei ricchi piuttosto che quelle gravi ma diffuse trai poveri), anche il più fervido sostenitore della causa finisce per trovarla noiosa dopo poche pagine.
Per non parlare degli angeli: figure ricorrenti, l'autore ci svela che la loro natura è l'incostanza. Se ci fossero sempre, il loro arrivo non avrebbe nulla di miracoloso. Non spaventatevi, non ho rovinato il finale: lo scrive nella quarta di copertina e lo ripete noiosamente per tutto il romanzo, assegnando la parte degli angeli ribelli a personaggi che vorrebbero essere misteriosi e interessanti ma che si rivelano un sovraccarico di stereotipi e superficialità.
Le uniche punte di bellezza sono sparse, inconsistenti, riguardano personaggi assolutamente secondari e inutili ai fini della storia. Qualche volta si può arrivare a provare una sorta di empatia nella sofferenza del protagonista, ma sono eventi rari e disturbati dalla narrazione stessa.
Per fortuna il libro è breve e costa poco.

Voto 4

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