Rivista letteraria online

venerdì 18 novembre 2011

Il giardiniere tenace

Mondadori, 2001

Kenia. Tessa viene ritrovata sgozzata in un fuoristrada, l'autista decapitato e Arnold Bluhm, medico impegnato in azioni umanitarie e suo compagno di viaggio, scompare. Per placare lo scandalo mediatico Justin Quayle, marito di Tessa e alto funzionario dell'ambasciata britannica a Nairobi, viene ospitato a casa del suo superiore Sandy Woodrow. La versione iniziale, quella di una scappatella con l'amante finita male per colpa di una banda di briganti del deserto, non convince nessuno:
emergono i primi indizi di un poderoso lavoro di denuncia alle pratiche abominevoli di alcune case farmaceutiche colpevoli di utilizzare il popolo keniota come cavia da laboratorio per un farmaco che dovrà essere messo in commercio nel giro di pochi anni nel mondo occidentale. Justin, tornato a Londra, decide di far propria la missione della moglie defunta, ripercorrendo la sua storia e le sue ultime tappe e scollandosi di dosso il personaggio che aveva coltivato per tutta la vita: l'anonimo funzionario diplomatico inglese con il giardinaggio come unica passione e stravaganza.
La coppia, dopo aver vissuto gli ultimi anni in uno stato di inconsapevolezza e non interferenza negli affari del partner, torna a riunirsi in questa ultima battaglia impossibile.

La trama può incuriosire conoscendo l'autore, John le Carré, e la sua straordinaria capacità di raccontare i servizi segreti e le trame diplomatiche. A suo modo fondatore di un genere, ne “La spia che viene dal freddo” aveva saputo tracciare con cenni decisi e una trama intricata ed emozionante un mondo di sotterfugi, spie e diplomazia dai tratti spietati. Purtroppo non si può dire che l'operazione sia riuscita di nuovo.

“Il giardiniere tenace” parte da qualche buono spunto, ma perde tutta la velocità e la spettacolare capacità di sintesi che avevano reso “La spia che viene dal freddo” come il classico della Guerra Fredda, il capolavoro del romanzo di spionaggio. Dopo una partenza a rilento (le prime 150 pagine, non poco) il libro acquista man mano ritmo e leggibilità, che si perdono in un finale lasciato un po' a sé stesso.
I personaggi migliori sono ancora una volta i poliziotti e le spie, tuttavia non ricoprono che ruoli secondari, regalando pagine meravigliose ma pur sempre oasi in un romanzo che decolla piano e non riesce mai a prendere davvero quota. I protagonisti vanno dal deludente al mediocre, iniziando da un Woodrow noiosissimo per arrivare a Tessa, onnipresente e inchiodata a uno stereotipo di purezza morale del ventunesimo secolo.

Complessivamente un libro leggibile, se non fosse così lungo.

Voto 5,5

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